La storia di Elena Porceddu merita una riflessione.
Il 31 ottobre 2014, i giornali mostrano una foto di un’anziana che va a fare la spesa. Tra questi l’Unione sarda che titola “L’INPS smaschera una falsa cieca mentre va in banca e a fare la spesa” (clicca qui per vedere la notiziaLink clicca qui per vedere la notizia). Finire sull’Unione Sarda ed essere svergognato, credo sia stato, per generazioni, l’incubo di qualunque cagliaritano. Non vedevo la signora Elena dalla bellezza di 35 anni. E conoscevo la sua storia. Da bambina guardò il sole e si bruciò gli occhi. È a causa sua che non ho mai guardato un’eclissi solare.
Anche mia nonna era cieca. E rimase cieca da bambina a causa di un’infezione agli occhi. Era una famiglia povera. Aveva una forma di glaucoma che le rendeva gli occhi come due sassi. In un occhio aveva un residuo visivo però. E siccome mia nonna mi ha tirato su a colpi di battipanni, posso dire che i ciechi ci vedono benissimo.
Eravamo tre maschi e una femmina piuttosto vivaci e mia nonna si lanciava all’inseguimento nell’andito di casa menando botte da orbi, per usare un eufemismo. Ci nascondevamo sotto i tavoli e dietro le tende per non farci scovare. Comunque era imbattibile, prima o poi ti beccava e giù colpi.
Inoltre, jaja, come la chiamavamo, tutte le mattine veniva da via Donizetti, dove viveva con le sorelle, fino a via Macchiavelli, dove vivevamo noi, e ci portava tutte le mattine il pane caldo, il latte fresco e il giornale. Poiché i miei genitori lavoravano, mia nonna teneva in ordine la casa e cucinava. E il pomeriggio accudiva i bambini. Fino a che, prima del calar del buio, se ne tornava a casa sua. E così ha fatto per tanti anni. Fino a che – essendo troppo vecchia e noi avendo liberato qualche camera – si trasferì in casa nostra, dove ebbe la sua camera.
Posso quindi testimoniare che pur cieca ci vedeva benissimo, a modo suo, infatti riusciva a fare tantissime cose. Per esempio, cuciva. Il filo nell’ago glielo infilavamo noi bambini e lei poi cuciva e rammendava. Riusciva anche a leggere i titoli dell’Unione, appiccicata alla finestra assolata e con l’occhio attaccato al giornale. È anche per questo che sono incavolato nero contro l’Unione Sarda. Sarebbe potuto succedere anche a mia nonna. Potrebbe succedere a ciascuno di noi, per qualsiasi cosa.
Ora, la signora Elena è stata vista e fotografata, seguita e sbattuta in prima pagina.
Svergognata perché pur essendo cieca osava una vita normale. Con questa storia tutta la retorica, pelosa e ipocrita, sui discorsi sugli handicappati, che nel linguaggio “politically correct” sono diversamente abili si rivela nella sua realtà di ipocrisia. Nel momento in cui l’anziana cieca mobilita le sue “abilità diverse” per orientarsi nello spazio e pretende di andare, come una persona “normale”, a far la spesa, viene acchiappata e diviene il capro espiatorio del nostro rancore sociale represso. Ciò che mi scandalizza è l’assenza di pietà, di rispetto per la persona, la mancanza del dubbio. Business is business.
Ed ecco che la signora Elena è stata svergognata e a 78 anni è finita sulle pagine dell’Unione. Messa alla gogna davanti a parenti, amici, vicini, conoscenti.
Veniamo al colpo di scena. Il 20/03/2015 è il giorno dell’eclissi solare. L’Unione Sarda, come se niente fosse, come se il giornale fosse innocente, come se non avesse contribuito all’aggressione morale e simbolica che Elena ha subito, pubblica un articolo che racconta la “disavventura giudiziaria” dell’anziana signora. Certo l’onore di Elena viene ristabilito. Ma c’è ancora qualcosa di ipocrita e peloso anche in questa riabilitazione.
Non si è trattato tanto o solo di una disavventura giudiziaria, quanto di una disavventura mediatica. Ciascuno di noi può incorrere in denunce anonime, vendette e calunnie. Il problema non è l’indagine che fanno i carabinieri, ma la condanna mediatica che immediatamente scatta.
Giustizia è fatta, l’onore è stato reso a Elena. Rimane il fatto che non ho letto le scuse del direttore dell’Unione Sarda, né di altri giornali on-line che hanno cavalcato la notizia.
È vero: giustizia è fatta. Ma se Elena non avesse avuto intorno a sé una famiglia capace di difenderla come si sarebbe difesa?
È vero c’è un anonimo che ha presentato una denuncia ai carabinieri. Ma il problema non è l’anonimo. È tutto il circo che è stato costruito su quella denuncia anonima. Va bene, oggi giustizia è fatta, ma chi paga per questi mesi di umiliazione che una donna anziana e la sua famiglia hanno dovuto subire?
Il 31 ottobre 2014, i giornali mostrano una foto di un’anziana che va a fare la spesa. Tra questi l’Unione sarda che titola “L’INPS smaschera una falsa cieca mentre va in banca e a fare la spesa” (clicca qui per vedere la notiziaLink clicca qui per vedere la notizia). Finire sull’Unione Sarda ed essere svergognato, credo sia stato, per generazioni, l’incubo di qualunque cagliaritano. Non vedevo la signora Elena dalla bellezza di 35 anni. E conoscevo la sua storia. Da bambina guardò il sole e si bruciò gli occhi. È a causa sua che non ho mai guardato un’eclissi solare.
Anche mia nonna era cieca. E rimase cieca da bambina a causa di un’infezione agli occhi. Era una famiglia povera. Aveva una forma di glaucoma che le rendeva gli occhi come due sassi. In un occhio aveva un residuo visivo però. E siccome mia nonna mi ha tirato su a colpi di battipanni, posso dire che i ciechi ci vedono benissimo.
Eravamo tre maschi e una femmina piuttosto vivaci e mia nonna si lanciava all’inseguimento nell’andito di casa menando botte da orbi, per usare un eufemismo. Ci nascondevamo sotto i tavoli e dietro le tende per non farci scovare. Comunque era imbattibile, prima o poi ti beccava e giù colpi.
Inoltre, jaja, come la chiamavamo, tutte le mattine veniva da via Donizetti, dove viveva con le sorelle, fino a via Macchiavelli, dove vivevamo noi, e ci portava tutte le mattine il pane caldo, il latte fresco e il giornale. Poiché i miei genitori lavoravano, mia nonna teneva in ordine la casa e cucinava. E il pomeriggio accudiva i bambini. Fino a che, prima del calar del buio, se ne tornava a casa sua. E così ha fatto per tanti anni. Fino a che – essendo troppo vecchia e noi avendo liberato qualche camera – si trasferì in casa nostra, dove ebbe la sua camera.
Posso quindi testimoniare che pur cieca ci vedeva benissimo, a modo suo, infatti riusciva a fare tantissime cose. Per esempio, cuciva. Il filo nell’ago glielo infilavamo noi bambini e lei poi cuciva e rammendava. Riusciva anche a leggere i titoli dell’Unione, appiccicata alla finestra assolata e con l’occhio attaccato al giornale. È anche per questo che sono incavolato nero contro l’Unione Sarda. Sarebbe potuto succedere anche a mia nonna. Potrebbe succedere a ciascuno di noi, per qualsiasi cosa.
Ora, la signora Elena è stata vista e fotografata, seguita e sbattuta in prima pagina.
Svergognata perché pur essendo cieca osava una vita normale. Con questa storia tutta la retorica, pelosa e ipocrita, sui discorsi sugli handicappati, che nel linguaggio “politically correct” sono diversamente abili si rivela nella sua realtà di ipocrisia. Nel momento in cui l’anziana cieca mobilita le sue “abilità diverse” per orientarsi nello spazio e pretende di andare, come una persona “normale”, a far la spesa, viene acchiappata e diviene il capro espiatorio del nostro rancore sociale represso. Ciò che mi scandalizza è l’assenza di pietà, di rispetto per la persona, la mancanza del dubbio. Business is business.
Ed ecco che la signora Elena è stata svergognata e a 78 anni è finita sulle pagine dell’Unione. Messa alla gogna davanti a parenti, amici, vicini, conoscenti.
Veniamo al colpo di scena. Il 20/03/2015 è il giorno dell’eclissi solare. L’Unione Sarda, come se niente fosse, come se il giornale fosse innocente, come se non avesse contribuito all’aggressione morale e simbolica che Elena ha subito, pubblica un articolo che racconta la “disavventura giudiziaria” dell’anziana signora. Certo l’onore di Elena viene ristabilito. Ma c’è ancora qualcosa di ipocrita e peloso anche in questa riabilitazione.
Non si è trattato tanto o solo di una disavventura giudiziaria, quanto di una disavventura mediatica. Ciascuno di noi può incorrere in denunce anonime, vendette e calunnie. Il problema non è l’indagine che fanno i carabinieri, ma la condanna mediatica che immediatamente scatta.
Giustizia è fatta, l’onore è stato reso a Elena. Rimane il fatto che non ho letto le scuse del direttore dell’Unione Sarda, né di altri giornali on-line che hanno cavalcato la notizia.
È vero: giustizia è fatta. Ma se Elena non avesse avuto intorno a sé una famiglia capace di difenderla come si sarebbe difesa?
È vero c’è un anonimo che ha presentato una denuncia ai carabinieri. Ma il problema non è l’anonimo. È tutto il circo che è stato costruito su quella denuncia anonima. Va bene, oggi giustizia è fatta, ma chi paga per questi mesi di umiliazione che una donna anziana e la sua famiglia hanno dovuto subire?
Di Marco Pitzalis
Fonte: Articolo apparso su http://www.sardegnablogger.it/i-giornali-ti-vogliono-handicappata/
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