Chi è Pietro Scidurlo?
Sono un ragazzo di 34 anni, di Somma Lombardo, che fin da giovane non si è mai plasmato del tutto a quelli che sono i canoni imposti dalla società.
E' stato difficile, per me, vivere questo mondo a causa di tutte le difficoltà che ho incontrato; parlo di un mondo urbanistico, di un tessuto urbanistico non ancora pronto ad accettare persone con disabilità.
Ma la mia vita era in salita, quello di cui non mi capacitavo era di quanto lunga sarebbe stata.
Ho sempre cercato il modo di reagire e di accettare questa lesione, confrontandomi con realtà e con persone sempre diverse, ma combattendo quotidianamente, chiedendomi anche “perché proprio a me?”.
Mia nonna, che era molto cattolica, mi diceva sempre: “Pietro, se Gesù ti ha dato questa croce è perché sa che tu la puoi portare”. E io, in risposta pensavo “Si, va be', se almeno mi avesse aiutato da qualche altra parte”.
Non vedevo quello 'sviluppo' sociale, quel successo o quella realizzazione che è la caratteristica di tanti altri ragazzi. Quando ti parlo di successo intendo a scuola, nel lavoro, con le ragazze, nelle compagnie.
Il mio percorso era completamente diverso dalla realtà che io vivevo, perché non accettandomi (penso che sia comprensibile) non volevo frequentare le persone con il mio stesso problema.
Mi rendo conto che è un affermazione forte 'non accettare le persone con disabilità', quando sono io il primo ad essere disabile, però io non te lo so spiegare, non ero pronto a riconoscere me stesso, non volevo rassegnarmi alla carrozzina, non tolleravo la mia lesione e non ammettevo la realtà.
Io non accettavo me e non accettavo gli altri.
Quindi quando mi guardavo allo specchio non mi piacevo, e non mi piaceva neanche la vita che conducevo, cercavo di volta in volta una via di fuga, senza trovarla.
Le barriere non sono solo architettoniche, spesso sono ben salde nella testa di certi individui. Come pensi si possano sensibilizzare certe persone?
Noi chiediamo di poter entrare nelle scuole per far vedere, ai più giovani, che la disabilità non è una cosa di cui aver paura, ma è qualcosa che può capitare a chiunque. (disabile è la donna incinta, disabile è il ragazzino che giocando a pallone si sloga la caviglia, disabile è l'anziano che non riesce più a fare quattro gradini per portare in casa la spesa).
La disabilità riguarda un po' tutti quanti.
La disabilità è come una caratteristica fisica, tu hai i capelli biondi, io ho gli occhi azzurri, e lui si muove su una carrozzina.
Le barriere più grandi sono quelle della mente. Spesso e volentieri i limiti ci vengono imposti dalle persone, non tanto dagli ostacoli. A volte mi viene più semplice fare un'impennata su due gradini, rischiando di cadere, piuttosto che cercare di convincere il vecchietto del paese che io posso fare sesso come tutti gli altri. Le barriere mentali spesso sono veramente un grosso ostacolo perché è difficile cambiare la convinzione della gente su cose che non nemmeno conosce.
Si dice 'un mondo per tutti', però bisogna vedere in quel 'tutti' chi ci deve davvero stare.
L'agosto scorso hai percorso 'Il Cammino di Santiago'. Cosa ti ha spinto a vivere questa esperienza?
Le persone come me, che stanno sempre obbligatoriamente sedute, alla fine vengono ricoverate in ospedale per le piaghe da decubito, e questo ti porta a stare in ospedale per diverso tempo.
In uno di questi ricoveri mi hanno regalato il libro 'Il cammino di Santiago', di Paulo Coelho.
Una frase che mi ha colpito è stata“...le persone giungono nei posti nei momenti precisi in cui sono attese...”
Probabilmente quel libro attendeva me, o ero io ad attenderlo proprio in quel momento.
A me interessava capire chi erano gli Apostoli quando non erano ancora Apostoli, chi era San Giacomo, chi era Gesù prima che fosse il Messia, e il parroco dell'ospedale di Magenta mi ha aiutato tanto in questo senso.
Finito il libro ho deciso: “Probabilmente è l'ennesimo tentativo buttato via per cambiare la mia vita, o forse no! Magari non servirà, però io da oggi lavoro per me, per mettermi in condizioni di percorrere il Cammino di Santiago.”
Da quel momento sono trascorsi 8 anni. Questo tempo per comprare una handbike, per prepararmi e per trovare le persone giuste con cui andare, ho dovuto praticamente mettere via i soldi. Per questa lesione non ho ricevuto nessun indennizzo da parte dello Stato o da parte dei medici che mi hanno causato questo infortunio. Io sono un ragazzo semplice, lavoro in aeroporto, e come tantissime altre persone guadagno poco più di 1.000 euro, ho un mutuo, sono in cassa integrazione, ho forse la mia forza e la mia semplicità.
Io non parto per Santiago per forti motivazioni religiose, io parto per Santiago per una forte motivazione personale. Non ero alla ricerca di posti nuovi, ma di persone nuove e magari di un aiuto in quello che era il mio cammino interiore.
Per me il cammino di Santiago è l'emblema della vita.
PREMIO TOYP 2013: sei stato premiato nella categoria 'Crescita Personale'. Questo premio, in qualche maniera, incentiva i tuoi progetti?
Si, JCI entra un po' per caso nella mia vita.
Il mio cammino è fatto di persone e non di luoghi, JCI fa parte di questo.
Un giorno, un mio amico mi ha invitato a partecipare a questo concorso. Ho compilato il modulo d'iscrizione, che un po' mi ha portato a rivivere il mio pellegrinaggio, e dopo solo una settimana mi hanno comunicato la vincita nella categoria 'Crescita Personale'.
Quando sono andato a ritirale il premio ho incontrato delle persone che lavorano con impegno e dedizione all'interno della JCI, e soprattutto credono molto in quello che fanno. Premiare le idee dei giovani per cambiare e rendere migliore il futuro, diventa veramente uno stimolo perché anch'io nel mio piccolo voglio fare la stessa cosa. Spero che le sinergie portino presto a nuovi progetti con dei risultati concreti.
Nasce FREE WHEELS.
“LA DISABILITA' NON DEVE DECIDERE PER NOI” è lo slogan di questa associazione no profit. Free Wheels incarna la filosofia di Pietro Scidurlo, ovvero? Free Wheels è il modo in cui io ho affrontato la vita, il mio non arrendermi mai a quella che è stata una quotidianità ad ostacoli.
Free Wheels era dentro di me da tutta una vita, dovevo solo farla uscire.
Quali sono i progetti, le aspettative e gli obbiettivi di Free Wheels?
Spero che tante persone mi diano quella fiducia, non solo economica, per lavorare meglio e per darmi la carica per portare avanti il mio progetto.
Io sono molto fiero e soddisfatto dei 34 mila accessi in 20 giorni al blog 'Santiago 2012'.
Stiamo creando il progetto per il 2013 e stiamo valutando, per un discorso di comunicazione sociale, di partire ancora per il Cammino di Santiago assieme ad un altro ragazzo disabile che io ho già identificato, e vorrei che Free Wheels si prendesse carico di tutta l'organizzazione.
Spero di riuscire a mantenere questa promessa.
Quindi i progetti, le aspettative e gli obbiettivi di Free Wheels coincidono con quelli di Pietro Scidurlo?
Si, è ovvio che Free Wheels incarni un po' quelli che sono gli obbiettivi di Pietro. Io vorrei che tanti altri ragazzi disabili, che magari oggi sono seduti sul divano a fare zapping continuo davanti al televisore, spegnessero la televisione e venissero stimolati a vivere la loro vita.
PER AIUTARE PIETRO SCIDURLO
E FREE WHEELS E' POSSIBILE FARE DONAZIONI :
IBAN IT70D0200850560000102494094
Sono un ragazzo di 34 anni, di Somma Lombardo, che fin da giovane non si è mai plasmato del tutto a quelli che sono i canoni imposti dalla società.
E' stato difficile, per me, vivere questo mondo a causa di tutte le difficoltà che ho incontrato; parlo di un mondo urbanistico, di un tessuto urbanistico non ancora pronto ad accettare persone con disabilità.
Ma la mia vita era in salita, quello di cui non mi capacitavo era di quanto lunga sarebbe stata.
Ho sempre cercato il modo di reagire e di accettare questa lesione, confrontandomi con realtà e con persone sempre diverse, ma combattendo quotidianamente, chiedendomi anche “perché proprio a me?”.
Mia nonna, che era molto cattolica, mi diceva sempre: “Pietro, se Gesù ti ha dato questa croce è perché sa che tu la puoi portare”. E io, in risposta pensavo “Si, va be', se almeno mi avesse aiutato da qualche altra parte”.
Non vedevo quello 'sviluppo' sociale, quel successo o quella realizzazione che è la caratteristica di tanti altri ragazzi. Quando ti parlo di successo intendo a scuola, nel lavoro, con le ragazze, nelle compagnie.
Il mio percorso era completamente diverso dalla realtà che io vivevo, perché non accettandomi (penso che sia comprensibile) non volevo frequentare le persone con il mio stesso problema.
Mi rendo conto che è un affermazione forte 'non accettare le persone con disabilità', quando sono io il primo ad essere disabile, però io non te lo so spiegare, non ero pronto a riconoscere me stesso, non volevo rassegnarmi alla carrozzina, non tolleravo la mia lesione e non ammettevo la realtà.
Io non accettavo me e non accettavo gli altri.
Quindi quando mi guardavo allo specchio non mi piacevo, e non mi piaceva neanche la vita che conducevo, cercavo di volta in volta una via di fuga, senza trovarla.
Le barriere non sono solo architettoniche, spesso sono ben salde nella testa di certi individui. Come pensi si possano sensibilizzare certe persone?
Noi chiediamo di poter entrare nelle scuole per far vedere, ai più giovani, che la disabilità non è una cosa di cui aver paura, ma è qualcosa che può capitare a chiunque. (disabile è la donna incinta, disabile è il ragazzino che giocando a pallone si sloga la caviglia, disabile è l'anziano che non riesce più a fare quattro gradini per portare in casa la spesa).
La disabilità riguarda un po' tutti quanti.
La disabilità è come una caratteristica fisica, tu hai i capelli biondi, io ho gli occhi azzurri, e lui si muove su una carrozzina.
Le barriere più grandi sono quelle della mente. Spesso e volentieri i limiti ci vengono imposti dalle persone, non tanto dagli ostacoli. A volte mi viene più semplice fare un'impennata su due gradini, rischiando di cadere, piuttosto che cercare di convincere il vecchietto del paese che io posso fare sesso come tutti gli altri. Le barriere mentali spesso sono veramente un grosso ostacolo perché è difficile cambiare la convinzione della gente su cose che non nemmeno conosce.
Si dice 'un mondo per tutti', però bisogna vedere in quel 'tutti' chi ci deve davvero stare.
L'agosto scorso hai percorso 'Il Cammino di Santiago'. Cosa ti ha spinto a vivere questa esperienza?
Le persone come me, che stanno sempre obbligatoriamente sedute, alla fine vengono ricoverate in ospedale per le piaghe da decubito, e questo ti porta a stare in ospedale per diverso tempo.
In uno di questi ricoveri mi hanno regalato il libro 'Il cammino di Santiago', di Paulo Coelho.
Una frase che mi ha colpito è stata“...le persone giungono nei posti nei momenti precisi in cui sono attese...”
Probabilmente quel libro attendeva me, o ero io ad attenderlo proprio in quel momento.
A me interessava capire chi erano gli Apostoli quando non erano ancora Apostoli, chi era San Giacomo, chi era Gesù prima che fosse il Messia, e il parroco dell'ospedale di Magenta mi ha aiutato tanto in questo senso.
Finito il libro ho deciso: “Probabilmente è l'ennesimo tentativo buttato via per cambiare la mia vita, o forse no! Magari non servirà, però io da oggi lavoro per me, per mettermi in condizioni di percorrere il Cammino di Santiago.”
Da quel momento sono trascorsi 8 anni. Questo tempo per comprare una handbike, per prepararmi e per trovare le persone giuste con cui andare, ho dovuto praticamente mettere via i soldi. Per questa lesione non ho ricevuto nessun indennizzo da parte dello Stato o da parte dei medici che mi hanno causato questo infortunio. Io sono un ragazzo semplice, lavoro in aeroporto, e come tantissime altre persone guadagno poco più di 1.000 euro, ho un mutuo, sono in cassa integrazione, ho forse la mia forza e la mia semplicità.
Io non parto per Santiago per forti motivazioni religiose, io parto per Santiago per una forte motivazione personale. Non ero alla ricerca di posti nuovi, ma di persone nuove e magari di un aiuto in quello che era il mio cammino interiore.
Per me il cammino di Santiago è l'emblema della vita.
PREMIO TOYP 2013: sei stato premiato nella categoria 'Crescita Personale'. Questo premio, in qualche maniera, incentiva i tuoi progetti?
Si, JCI entra un po' per caso nella mia vita.
Il mio cammino è fatto di persone e non di luoghi, JCI fa parte di questo.
Un giorno, un mio amico mi ha invitato a partecipare a questo concorso. Ho compilato il modulo d'iscrizione, che un po' mi ha portato a rivivere il mio pellegrinaggio, e dopo solo una settimana mi hanno comunicato la vincita nella categoria 'Crescita Personale'.
Quando sono andato a ritirale il premio ho incontrato delle persone che lavorano con impegno e dedizione all'interno della JCI, e soprattutto credono molto in quello che fanno. Premiare le idee dei giovani per cambiare e rendere migliore il futuro, diventa veramente uno stimolo perché anch'io nel mio piccolo voglio fare la stessa cosa. Spero che le sinergie portino presto a nuovi progetti con dei risultati concreti.
Nasce FREE WHEELS.
“LA DISABILITA' NON DEVE DECIDERE PER NOI” è lo slogan di questa associazione no profit. Free Wheels incarna la filosofia di Pietro Scidurlo, ovvero? Free Wheels è il modo in cui io ho affrontato la vita, il mio non arrendermi mai a quella che è stata una quotidianità ad ostacoli.
Free Wheels era dentro di me da tutta una vita, dovevo solo farla uscire.
Quali sono i progetti, le aspettative e gli obbiettivi di Free Wheels?
Spero che tante persone mi diano quella fiducia, non solo economica, per lavorare meglio e per darmi la carica per portare avanti il mio progetto.
Io sono molto fiero e soddisfatto dei 34 mila accessi in 20 giorni al blog 'Santiago 2012'.
Stiamo creando il progetto per il 2013 e stiamo valutando, per un discorso di comunicazione sociale, di partire ancora per il Cammino di Santiago assieme ad un altro ragazzo disabile che io ho già identificato, e vorrei che Free Wheels si prendesse carico di tutta l'organizzazione.
Spero di riuscire a mantenere questa promessa.
Quindi i progetti, le aspettative e gli obbiettivi di Free Wheels coincidono con quelli di Pietro Scidurlo?
Si, è ovvio che Free Wheels incarni un po' quelli che sono gli obbiettivi di Pietro. Io vorrei che tanti altri ragazzi disabili, che magari oggi sono seduti sul divano a fare zapping continuo davanti al televisore, spegnessero la televisione e venissero stimolati a vivere la loro vita.
PER AIUTARE PIETRO SCIDURLO
E FREE WHEELS E' POSSIBILE FARE DONAZIONI :
IBAN IT70D0200850560000102494094
Nessun commento:
Posta un commento