IL DOCUMENTO - Il report di PHS descrive un attacco nel quale sono stati uccisi almeno 20 bambini rohingya e quattro dei loro insegnanti. un attacco che difficilmente può essere fatto passare come una “rissa” e ancora meno come la “legittima difesa” dagli attacchi della minoranza contro la maggioranza, che nessuno ha mai testimoniato, ma che vanno molto di moda come pretesto per i progrom contro i rohingya, che a differenza di altre minoranze birmane non sono armati e non conducono nessun tipo di lotta armata o terroristica.
I PERSEGUITATI - I rohingya sono una minoranza musulmana nel mare dei buddhisti del Myanmar, che nonostante la composizione multietnica è molto omogeneo, al punto di contare appena un milione scarso di musulmani sui circa 48 totali. Una minoranza che per il governo del Myanmar è integralmente composta da “immigrati illegali”, nonostante la presenza dei rohingya nel paese risalga almeno all’800 e che i rohingya che ci vivono, male, abbiano quindi qualche generazione di avi che hanno sempre vissuto in Myanmar alle spalle e lì siano nati.
LA STRAGE DEI BAMBINI - Grazie a 33 interviste gli autori del rapporto hanno potuto ricostruire quello che appare come il tipico pogrom contro questo disgraziato popolo. I fatti si sono svolti a Meiktila, una cittadina nel centro del paese. La folla di assalitori buddhisti fomentata dai monaci ha agito sotto gli occhi della polizia, che come sempre in questi casi ha lasciato fare. In alcuni casi la polizia è addirittura intervenuta ad arrestare i sopravvissuti, ma in questo evidentemente non ce n’era bisogno e quindi si è limitata a guardare.
LA CACCIA AL ROHINGYA - Dal 20 al 23 marzo scorso sono state numerose le scuole e le moschee rohingya assalite e distrutte dai buddhisti inferociti, che sono stimolati all’azione da un famoso monaco razzista che non nasconde il suo amore per i metodi nazisti. Nella mappa interattiva preparata da PHR è possibile vedere le foto degli edifici danneggiati cliccando sui segnalini, ma già un’occhiata alla mappa basta a rendersi conto che non si tratta d’esplosioni estemporanee di rabbia, ma di una strategia, peraltro esplicitata senza vergogna, che mira alla pulizia etnica dei rohingya, che quando non sono assaliti dai buddhisti inferociti sono rastrellati dalle forze governative che con il pretesto di proteggerli li radunano in campi-profughi che hanno tanto il sapore dei campi di concentramento.
UN POPOLO IN FUGA - Non pochi tentano la fuga per salvare le proprie vite e i propri, di solito modesti beni. Una fuga verso Sud, verso la più ricca e musulmana Malesia dove sperano in un futuro migliore, ma l’ostilità delle autorità thailandese e la povertà dei mezzi a disposizione li spinge alla traversata per mare, una vera e propria odissea che reclama decine di vittime a ogni incidente.
I COMPLICI DEL MASSACRO - Il tutto nell’indifferenza della comunità internazionale, che ha sdoganato l’ex regime militare ora travestito da democrazia, anche grazie alla foglia di fico rappresentata dalla Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, che sui rohingya ha farfugliato frasi inconcludenti senza mai avere neppure l’onestà di riconoscere il loro diritto a dirsi cittadini del suo stesso paese. In queste ore l’ex generale e dittatore Than Shwe è ricevuto con tutti gli onori a Washington, il massacro dei rohingya non è un problema per Obama.
Fonte http://www.giornalettismo.com/
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