15 maggio 2016

Coppie di fatto, cosa accade se uno dei partner è disabile?


Nella legge che regola unioni civili e coppie di fatto sarebbe stato giusto ricordare anche i disabili, categoria spesso emarginata.

È importante che una legge, come quello sulle unioni civili e convivenze, tenga conto di tutto e di tutti. Sul suo contenuto, quando ancora era DDL, all’inizio dell’anno c’era stata una vera e propria rivolta da parte della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che attraverso il suo presidente, Vincenzo Falabella, aveva espresso un’opinione chiara e precisa: «Le persone con disabilità sono cittadini e quindi, come ci insegna la Convenzione ONU, i principi di uguaglianza e non discriminazione devono essere trasversali a tutte le politiche e norme di un Paese».

Che cos’è accaduto esattamente? Perché si era scatenata una polemica sull’ex DDL oggi diventato legge? Esaminiamolo assieme. Per prima cosa regola due situazioni differenti: le “unioni civili” tra persone dello stesso sesso e le “coppie di fatto”, che riguardano sia coppie omosessuali che eterosessuali. Nell’attuale legge tuttavia non è stata contemplata l’ipotesi che uno dei partner, o entrambi, possano essere disabili. Questo lo si evince dalla mancata previsione dell’estensione alle unioni civili delle agevolazioni lavorative che consentono permessi e congedi per l’assistenza di congiunti, fra i quali il coniuge e i figli, con grave disabilità. Basterebbe ricordare che esiste l’articolo 23 della Convenzione ONU che impone di eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità in tutto ciò che attiene al matrimonio, alla famiglia, alla paternità e alle relazioni personali.
Eppure diverse persone disabili hanno deciso di convivere e loro non hanno le stesse agevolazioni fiscali di chi invece è sposato. Per esempio, non si possono detrarre per il disabile a carico le spese sanitarie (farmaci, ausili, veicoli), né dedurre le spese per l’assistenza. Non si possono godere di detrazioni per carichi di famiglia, né di tutti gli altri benefici pensati dal Legislatore per aiutare le situazioni di disagio. La coppia di fatto che ha all’interno uno o entrambi disabili in poche parole, è doppiamente discriminata rispetto a qualsiasi altra coppia. Oltre a questi non possono godere di agevolazioni lavorative ed infine, in caso di grave disabilità intellettiva, nelle coppie di fatto il convivente non ha alcun “potere” decisionale sulla vita dell’altro, neppure per inserirlo in una struttura adeguata alle sue esigenze.
Una domanda sorge spontanea: a che cosa può servire allora per una coppia di disabili una legge strutturata in questa maniera? In quale modo sono tutelati? Per non parlare del mondo degli affidi e delle adozioni perché quello è un capitolo a parte, purtroppo doloroso. Fino a quando la società non metterà tutti sullo stesso piano con i medesimi diritti e doveri, non potrà considerarsi civilizzata, progredita ed evoluta, bensì ancora arretrata, retrograda e su certi argomenti anche bigotta. Penso proprio che di strada ancora dobbiamo farne, ma con la buona volontà e aprendo soprattutto il cuore, si può arrivare al raggiungimento di ogni obiettivo.

Di Dora Millaci

Fonte e Articolo Completo su http://www.cronacaedossier.it/

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