20 agosto 2011

La calma che precede la tempesta


di Nicolò Migheli |

“In quelle società (calviniste n.d.r.), al povero si dovrebbe chiedere: che cosa hai fatto dunque di male se Dio ti punisce con il sudiciume della povertà, anziché con l'ordinato lindore del benessere?” L’ex socialista Paolo Guzzanti in un articolo sul Giornale del 12 agosto afferma che in Italia è facile professare un’ideologia anti-ricchi. Descrive una società perfetta dove tutti pagano le tasse, la giustizia funziona; chi ha fatto i soldi legalmente può spenderli come meglio crede.

Scomoda Calvino e lo spirito del capitalismo di Max Weber. Più che Calvino, la “teologia” della destra italiana fa riferimento alla Chiesa Riformata Boera e alla teoria del karma secondo l’interpretazione braminica. Lo stesso Berlusconi durante la campagna elettorale del 2008 dichiarò che il figlio di un operaio non doveva avere le stesse chance di quello di un professionista. Guzzanti tradisce la paura dei ceti dominanti e contrattacca definendo ideologia le richieste di giustizia, coesione sociale e territoriale.

Guzzanti rivela l’esistenza di una guerra di classe, prima a bassa intensità, ora dichiarata apertamente. Chistopher Lasch nel 1995 la definì “Ribellione delle èlite”. Il rifiuto dei ricchi di contribuire allo stato sociale, di pagare le tasse per permettere “ai puniti col sudiciume della povertà” di condurre esistenze dignitose. Le èlite fino ad ora hanno avuto vita facile. La loro concezione del mondo ridotta a ideologia del mercato è prevalsa. E’ diventata pensiero unico. La fine della storia. Con un obbiettivo dichiarato: abbattere lo stato sociale individuato come un costo.
I sistemi di protezione sociale, nati nella Germania di Bismarck per tagliare l’erba sotto i piedi al movimento socialista, dopo la II GM si diffondono in tutto l’Occidente.

In Italia la paura del comunismo è un incentivo alle riforme che farà il primo centro sinistra. Quella fu l’unica epoca della storia italiana in cui vi fu vera mobilità sociale verticale. I figli dei contadini e degli operai poterono diventare dottori scandalizzando le contesse. Si capì quanto quelle riforme erano utili alla democrazia e allo sviluppo del Paese. Se i terrorismi neri e rossi di quegli anni, vennero sconfitti lo si deve alla maturità degli italiani, alla loro difesa del benessere appena intravisto, alla coesione sociale che partiti e sindacati riuscirono a mantenere. Ora è cambiato tutto.

La paura del comunismo esiste solo nei discorsi di Arcore. Vent’anni di egemonia culturale della destra hanno scavato nell’immaginario italiano esaltando il privato, la furbizia, l’assenza di regole. La sinistra identificata come statalismo, tasse, spreco burocratico. In questa opera di demolizione si sono distinti i “sinistri” pentiti come Ferrara, Brunetta, Sacconi. Oggi davanti al rischio che l’Italia diventi come l’Argentina tentano di usare la manovra per intaccare gli ultimi diritti di chi lavora. Tentano di abolire le regole residue. Complice Ferragosto l’Italia sembra quieta. E’ la calma che precede la tempesta.

Neanche gli indignados, che in Spagna hanno rappresentato una valvola di sfogo pacifica. In Italia non è avvenuto nulla perché sino ad oggi hanno funzionato le reti di protezione familiare. A settembre sarà diverso. Tutti si guarderanno in tasca e la troveranno vuota. Il risveglio dal sogno berlusconiano sarà drammatico. Interi ceti spinti nella povertà. Ancora di più in Sardegna dove il conflitto capitale-lavoro si sommerà alla mai risolta questione territoriale. I tagli alle finanze regionali e agli enti locali saranno pesanti e incideranno profondamente nella spesa per l’assistenza sanitaria e sociale.

Non sarà come a Londra. Non si assalteranno i negozi di elettronica, ma i forni. Come nel Seicento. Il rischio è Atene. Una rivolta continua, una jacquerie. Ecco perché Guzzanti ha paura. In una situazione simile può succedere di tutto. L’unica speranza è che il centrosinistra nel tornare al governo, abbia consapevolezza dei rischi, distribuisca i sacrifici in proporzione ai redditi. Tagli subito il costo della politica. Le notizie su quanto spenda un senatore per mangiare nel ristorante di Palazzo Madama in altri tempi sarebbero state classificate solo come anti-politica. Oggi è politica. Una provocazione per chi fatica a portare in tavola due pasti al giorno.

18/08/2011

Fonte Sardegna Democratica

1 commento:

@enio ha detto...

purtroppo non si diventa ricchi lavorando onestamente per otto ore al giorno e pagando ogni anno le tasse...