I volontari stranieri dovranno attendere. Il ministero ha deciso di presentare ricorso e il contenzioso dunque non si è chiuso con la sentenza del 12 gennaio. In quella data, il Tribunale del lavoro di Milano aveva dato ragione a Shahzad Syed (foto), pachistano cresciuto in Italia, che avrebbe voluto partecipare al bando per il servizio civile nazionale, ma s’era visto respingere: «Lei non risulta essere cittadino italiano». «Discriminatorio», aveva stabilito il giudice: quel bando va cambiato. L’Ufficio nazionale del servizio civile (Unsc) e il ministero per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, da cui dipende, non contestano la sentenza nel merito, ma — hanno spiegato — vogliono evitare che la decisione blocchi la partenza dei 18 mila ragazzi già selezionati. «Il ministro non è contrario alla possibilità di far svolgere anche ai cittadini stranieri il servizio civile — ha detto il portavoce di Andrea Riccardi —. Ma oggi questa possibilità è esclusa dalla legge vigente. Su questo si sta facendo una riflessione». Al ministro ha rivolto un appello anche la federazione degli organismi cristiani di volontariato: «Condividiamo la richiesta del giovane pachistano, ma siano garantite le partenze di quest’anno». Buon senso suggerirebbe di non annullare l’ultimo concorso e cambiare le regole del prossimo. Una linea sulla quale l’avvocato di Syed, Alberto Guariso, è conciliante: «Se la rimozione immediata della discriminazione crea delle complicazioni organizzative eccessive — ha osservato il legale —, penso se ne possa discutere attorno a un tavolo senza necessità di prolungare il contenzioso: la norma prevede ad esempio la possibilità di un piano di rimozione delle discriminazioni che può avere anche un percorso più lungo e si potrebbe quindi differire l’apertura al prossimo bando, purché ciò venga garantito sin d’ora».
Scritto da: Alessandra Coppola
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