08 dicembre 2011
Disabili costretti a mendicare nel cuore di Roma
Scritto da Andrea Onori.
Sono gli ultimi degli ultimi, uomini e donne senza braccia o gambe vittime di un vero e proprio racket.
Può esserci una giornata splendente o un diluvio funesto. Può comparire o scomparire una crisi economica, ma loro, gli ultimi degli ultimi, sono sempre abbandonati e sommersi nella disperazione più estrema. Con la loro ciotolina, raccattata da qualche parte, i mendicanti cercano di tirare su qualche spicciolo. Aspettano che cali la sera, per poter riposare qualche ora, sopra un materasso o qualche cartone. Poi, ricominciano il giorno dopo.
Un uomo, sui trentacinque anni, con una maglia bianca a maniche corte e jeans che arrivano fino al ginocchio, è seduto su una sedia a rotelle lungo via del Corso a Roma. Attira l’attenzione per le sue due gambe amputate. Di fronte a lui, una donna accucciata per terra e con il volto proteso verso il basso. Sembra toccare quasi l’asfalto con il naso. Poco più in là, un’altra donna in pessime condizioni igienico sanitarie, si trascina lungo il marciapiede aiutata da un bastone. Dieci metri distante da lei un uomo senza le gambe, prova a trascinarsi avanti con le sue mani. Un altro, sdraiato a terra senza le braccia, si guarda attorno impaurito e un altro ancora si trascina con lo skateboard. Fai qualche passo ed entri a Piazza Venezia. Lì, vicino all’entrata del palazzo delle Assicurazioni Generali, c’è una donna accucciata a terra con lo sguardo rivolto verso il basso e con un bicchiere tenuto tra le due mani. Lo sbatte continuamente a terra, senza alzare mai la testa. Chiedono l’elemosina esibendo le loro menomazioni e tutte le loro sofferenze diventano il guadagno per qualche altra persona.
Siamo al centro di Roma. Ogni giorno le stesse interminabili scene. Ieri, lunedì mattina, stavano al loro posto, mentre le nubi minacciavano la città e poco dopo, a tratti, lanciavano acquazzoni prepotenti. Erano sempre con gli stessi vestiti, ma questa volta inzuppati di acqua.
E’ il 5 dicembre, siamo prossimi al Natale e Roma è addobbata a festa. La gente si è riversata per le strade cercando qualche regalo per Natale. Nonostante il cielo uggioso e rumoreggiante, c’è il pienone di turisti, cittadini che fanno shopping e semplici passanti. Un fiume di gente frenetica che nemmeno nota quelle umili creature. Trascorrono giornate intere in quel fazzoletto di asfalto, aspettando qualche monetina. Sono attimi eterni ad aspettare qualche centesimo da consegnare ai loro aguzzini. Senza alcun dubbio dietro di loro c’è un racket.
Siamo a due passi dai grandi palazzi del potere. C’è un viavai di auto blu, polizia, carabinieri e ogni tanto, qualche ambulanza che sfreccia. Per loro, non c’è nessun occhio di riguardo. I passanti, impazienti, si divincolano come se avessero davanti ostacoli immobili. Qualcuno passa e, credendo di far del bene, si scarica la coscienza lanciando qualche monetina.
Ogni giorno, questi schiavi, sono costretti ad elemosinare per qualcuno e contro la loro volontà. Sono gli ultimi degli ultimi, tanto da sembrare degli alieni per i passanti. Se ci si sofferma un attimo a guardarli, inzuppati di acqua, si capisce che non possono muoversi a causa della violenza dei loro padroni. Nonostante le ossa e l'animo che urlano di dolore, soffrono in silenzio. Di loro nessuno si occupa. La loro estrema fragilità li costringe a subire violenze fisiche e psicologiche ed hanno paura di denunciare la loro condizione.
Qualcuno viene scoperto, ma è difficile far parlare i malcapitati. I disabili motori, spesso preferiscono restare in silenzio. Sopravvivono guardando l’asfalto e restando immobili tutta la giornata. Qualche volta vengono sgomberati e portati in caserma. Poco cambia. Il giorno dopo sono sempre sotto le mani dei loro torturatori. Sono schiavi, una cosa, uno strumento per i loro padroni e semplici “clandestini” per le autorità. E così tornano lì, a mendicare in un carcere a cielo aperto.
La versione integrale di questo articolo è presente sul sito http://www.dirittodicritica.com/
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