Alla cortese attenzione
Sen. Prof. Mario Monti
Presidente del Consiglio dei Ministri
e p. c.
Prof.ssa Elsa Fornero
Ministro per il Lavoro e per le Politiche Sociali
Oggetto: articolo 5, decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201
Egregio Presidente,
è con estrema attenzione che seguiamo, come Cittadini e come organizzazione civile, l’elaborazione delle misure di importanza straordinaria per il nostro Paese e per l’Unione. Le nostre analisi, sia per un motivo di prossimità a determinati problemi che per esperienza storica, sono ovviamente concentrate su quegli aspetti che riguardano il sociale, le persone con disabilità, le loro famiglie, le persone non autosufficienti.Sono riflessioni di parte, ma non particolaristiche, e che si pongono da un preciso angolo prospettico che non è distorto, ma – vogliamo crederlo! – arricchiscono un dibattito che, pur nell’emergenza, vuole essere serio e attento anche agli eventuali effetti inattesi che la manovra potrebbe ingenerare.
L’attenzione nostra è caduta soprattutto sull’articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. L’intento di modificare il criteri di calcolo e gli ambiti di applicazione dell’ISEE è senza dubbio condivisibile nella sua volontà perequativa. Noi stessi, per altri versi, crediamo nella necessità di adeguamento di quello strumento e di una applicazione più ampia, ma attenta alle disparità interne (applicare l’ISEE allo stesso modo per anziani o disabili giovani, comporta l’adozione di corretti).
Riteniamo poi meritevole di considerazione l’ipotesi di modificare anche i coefficienti relativi alla composizione dei nuclei, attribuendo maggiore peso alla presenza di persone con disabilità, in difficoltà o nell’impossibilità nel produrre reddito, e di persone non autosufficienti la cui permanenza nella famiglia di origine è motivo di costi – diretti ed indiretti – considerevoli.
Tuttavia, l’importanza e la delicatezza di questo intervento (che, come precisato nella relazione tecnica, non produce effetti finanziari) suggeriscono l’opportunità di enuclearlo dalla già serrata discussione di questi giorni, per approfondirne al meglio l’articolazione e gli ricadute in termini di impatto e di effetti. Questa è la nostra richiesta ferma e formale.
Il testo proposto, peraltro, considerato alla lettera offre il fianco a interpretazioni che potrebbero essere, successivamente, restrittive o negative, quali, ad esempio, l’equiparazione di prestazioni assistenziali per l’indigenza o per le minorazioni ai redditi da lavoro e alle rendite finanziarie. Al contempo, prevedendo l’estensione dell’ISEE a generiche agevolazioni fiscali e assistenziali, potrebbe comportare un effetto negativo per chi percepisce oggi assegni sociali, pensioni di invalidità o altri supporti per la non autosufficienza.
Peraltro, i conseguenti effetti negativi sarebbero su quegli stessi soggetti che l’articolo (e più in generale il decreto) considera più degni di attenzione: le famiglie numerose, le donne, i giovani. Un esempio per tutti: a causa della carenza di adeguati supporti, ancora oggi, nelle famiglie il carico maggiore della disabilità e della non autosufficienza si riversa sulla donna, spesso costretta a rinunciare al lavoro o a comprimere la propria carriera lavorativa.
Non va dimenticato un secondo elemento importante: la disabilità e la non autosufficienza sono e possono divenire le cause principali di impoverimento, in ispecie quando sono condizioni aggiuntive ad arretratezze territoriali, condizioni sfavorevoli del mercato del lavoro, carenza di servizi e di strumenti adeguati per la protezione sociale.
Su questo drammatico aspetto, nel 2010, l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane ha pubblicato un interessante e qualificato studio sugli svantaggi reddituali delle persone con disabilità e delle loro famiglie. L’analisi delle condizioni economiche del totale delle famiglie ha messo in evidenza che quelle con almeno una persona con disabilità presentano un sensibile svantaggio rispetto al resto delle famiglie. L’analisi, fra l’altro, ha posto in luce che le famiglie con almeno una persona con disabilità si trovano più frequentemente in difficoltà o in grossa difficoltà ad affrontare le comuni spese mensili, rispetto al resto delle famiglie, il 49,0% contro il 33,0% (Il gap di reddito delle persone con disabilità: un’analisi regionale di Alessandro Solipaca, Fernando Di Nicola, Federica Mancini, Aldo Rosano in Rapporto OsservaSalute 2010; pagine 16 e seguenti).
Tutto questo per ripetere che affrontare l’emergenza della non autosufficienza, e delle politiche per la disabilità, appare complementare al sostegno alle donne e alle famiglie. In tal senso, la stessa indicazione del vincolo di destinazione dei risparmi meriterebbe un accento anche su tali aspetti.
In merito, invece, alle disequità interne, cioè di applicazione dell’ISEE in situazioni diverse, segnaliamo come l’attuale normativa non differenzi tra persone che vivono l’esperienza della disabilità dalla nascita o in età lavorativa disoccupati almeno nell’80 % dei casi, e coloro divenuti disabili in tarda età dopo aver prodotto reddito nell’intera vita lavorativa per se stessi e per la propria famiglia. I primi, invece, rappresentano solo un peso assistenziale oltrechè economico per il proprio nucleo familiare. Le esigenze e le necessità di supporto sono apparentemente simili, ma i contesti, gli scenari e le prospettive sono assolutamente diverse. Ripensare all’ISEE significa, a nostro avviso, considerare anche questi aspetti.
Il tutto – nuovi criteri, ambiti di applicazione, valutazione degli effetti e degli impatti – merita, come già detto, una più attenta riflessione e ampio confronto al fine di consentire una migliore equità ma anche una maggiore efficacia perequativa e redistributiva.
Rinnovando pertanto la richiesta di eliminare l’articolo 5 dal testo del decreto-legge 201, rimaniamo collaborativamente a disposizione per tutti i futuri confronti che deriveranno dall’adesione a questa indicazione.
Distinti saluti
Pietro Barbieri
Presidente della Federazione Italiana
per il Superamento dell’Handicap
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