Il National Science Advisory Board for Biosecurity ha chiesto alle due più importanti riviste in campo scientifico di non divulgare dettagli sull'esperimento di due gruppi di ricercatori sulla mutazione di una variante dell'H5N1 ad alta trasmissibilità. Per Washington c'è il rischio di regalare informazioni a potenziali bioterroristi. "Inutile e dannoso", replicano le due testate.
Come comportarsi quando una pubblicazione scientifica rischia di creare un pericolo per la salute pubblica? La questione è diventata determinante nelle redazioni delle riviste scientifiche più importanti del mondo, che hanno tra le mani gli studi di due gruppi di ricerca che hanno sviluppato un virus influenzale mutato. Se uscisse dai laboratori questo virus potrebbe causare una pericolosa pandemia. Infatti il nuovo virus ha dimostrato una rapida velocità di trasmissione, tramite l’aria, perlomeno ai furetti. Insomma, si parla di un virus molto pericoloso, potenzialmente letale, e che si diffonde molto facilmente, quanto quelli dell’influenza stagionale.
Le nuove varianti del virus, appartenenti al ceppo H5N1 (quello dell’influenza aviaria), sono state sviluppate da ricercatori dell’Erasmus medical center di Rotterdam, in Olanda, e dell’Università del Wisconsin, negli Stati uniti. Lo scopo delle ricerche è quello di capire meglio i meccanismi di trasmissione e le possibilità di dover affrontare una forma mutata molto aggressiva. Ieri gli studi che spiegano le tecniche usate e le mutazioni genetiche che hanno reso i virus altamente trasmissibili sono stati inviati a due delle principali riviste scientifiche del mondo, Science e Nature, che ora dovranno valutare se e come pubblicarli.
Infatti il comitato per la biosicurezza statunitense, il National Science Advisory Board for Biosecurity (NSABB) ha chiesto esplicitamente alle due riviste scientifiche di contravvenire alle regole e pubblicare versioni parziali dei due studi. In particolare chiedono che “i manoscritti non contengano dettagli metodologici o di altro tipo che possano permettere la replicazione degli esperimenti da parte di chi cerca di causare dei danni”. Un articolo scientifico dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie perché un altro ricercatore possa riprodurre la ricerca, ma non in questo caso. Nature e Science potrebbero infatti pubblicare in questo modo le “istruzioni” per produrre un supervirus, che il governo americano ritiene pericolose per timori legati a potenziali fini terroristici.
Anche se nella storia recente il bioterrorismo non si è mai rivelato una minaccia concreta, restano gli spettri dell’antrace, che nel 2001 seminò il panico negli Stati uniti post-11 settembre causando cinque morti. In quel caso si trattava di terrorismo interno: le buste provenivano da un laboratorio della Difesa americana.
Ora tuttavia molti ricercatori credono che la richiesta della NSABB sia eccessiva, e che la pubblicazione degli studi, magari non completi di tutti i dettagli utili alla produzione del virus, sia necessaria. Secondo il direttore di Nature, Philip Campbell, “le raccomandazioni del NSABB, che causerebbero la restrizione all’accesso pubblico ai dati e ai metodi della ricerca, sono senza precedenti”. Tenere nascoste agli scienziati del mondo le informazioni potrebbe causare più danni di quelli della supposta minaccia terroristica. I ricercatori che stanno lavorando con virus simili, ad esempio, hanno bisogno di tutti i dettagli per mettere in campo misure di protezione in caso di incidenti o per sviluppare vaccini e antivirali adeguati a combattere forme letali di influenza. E le informazioni sulla genetica del virus diventano indispensabili.
Inoltre, molti esperti di biosicurezza sostengono che ormai la ‘frittata è fatta’: diversi ricercatori hanno visto i risultati degli studi, per esempio quelli che lavorano con le redazioni delle riviste scientifiche per valutare la qualità delle ricerche. Richard Ebright della Rutgers University ha dichiarato a Nature che “a questo punto è completamente futile discutere di restrizioni alla pubblicazione di queste informazioni”. Ora sarebbe meglio concentrarsi sulle misure di contenimento e protezione dei laboratori che possiedono campioni del virus, e dare ai ricercatori gli strumenti e le informazioni per creare soluzioni.
Il direttore di Science, Bruce Alberts, sostiene in una nota pubblicata ieri che la rivista sta aspettando una decisione del governo Usa, così come sta facendo Nature, ma che vorrebbe “far sì che qualsiasi informazione che venga omessa dalla pubblicazione sia fornita a tutti gli scienziati responsabili che ne fanno richiesta, come parte dei loro sforzi legittimi per migliorare la salute pubblica e la sicurezza”.
di Alessandro Delfanti
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