28 settembre 2011

Gabriella, disabile con 650 al mese: il Comune ne chiede 900 per l’assistenza



«Non ho questa somma, e senza assistenza non potrei alzarmi al mattino, coricarmi la sera, mangiare, vivere» 

CATANIA – Tira a campare con meno di 650 euro al mese, ma il Comune gliene chiede 900 per continuare a usufruire del servizio di assistenza domiciliare. Protagonista di questa storia paradossale è Gabriella Villari, donna catanese di 47 anni, costretta sulla sedia a rotelle dall’età di 19 a causa della sindrome di Arnold Chiari, una rara malformazione congenita della colonna cervicale che le ha compromesso il sistema nervoso centrale. Da anni si batte per contribuire a creare migliori condizioni di vita per tutti coloro che vivono il disagio dell’handicap.

Per dare voce alle sue proteste, la donna che è laureata in Filosofia e abilitata all’insegnamento ha dato vita anche a scioperi della fame e delle cure. È stata ospite del «Fatto» di Enzo Biagi. Ha inviato lettere a tutte le più alte cariche dello Stato e della Regione denunciando la mancanza di provvedimenti degli enti locali «per assicurare una vita dignitosa ai disabili che di fatto sono condannati a morte». Stavolta ha preso carta e penna per scrivere una lettera aperta al sindaco Stancanelli: «Non avendo ricevuto alcuna risposta dagli enti locali siciliani – si legge nella nota – sono ricorsa alle vie legali per far valere i miei diritti e ho fatto causa al Comune di Catania». La donna vive con una zia novantenne malata di Alzheimer, in un appartamento di proprietà «che non apporta – scrive nella lettera – nessuna entrata economica, contrariamente a ciò che si evince dalla valutazione Isee. Percepisco una pensione d’invalidità di 247 euro e l’indennità di accompagnamento di 400 Euro, per un totale di 647 euro mensili». In base alla certificazione Isee e al regolamento dell’ufficio Anziani del Comune ha diritto a 30 ore di assistenza domiciliare. Per usufruire del servizio, però, deve versare 900 euro al mese.

«Non possiedo questa somma – continua la Villari – e d’altra parte senza assistenza non potrei alzarmi al mattino, coricarmi la sera, fare pipì, la doccia, mangiare, bere e dunque vivere. Se è vero che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona, (articolo 3 della Costituzione) un regolamento del Comune non può assassinarla. Io voglio vivere e non essere uccisa da un ingiusto regolamento. Per questo motivo affido nelle sue mani la mia vita». La replica del Comune è affidata all’Ufficio stampa che ha diffuso la relazione della direzione dei Servizi sociali, «richiesta immediatamente» dal sindaco Stancanelli, che non ha rilasciato finora dichiarazioni ufficiali al pari dell’assessore ai Servizi sociali. Nel dettagliato documento viene sottolineato che «la dottoressa Villari ha usufruito di molteplici servizi e interventi» e che dal 2010 le ore di assistenza settimanale sono passate da 24 a 30 «molto più della disponibilità prevista dal regolamento comunale, distribuite nell’arco di sei giorni la settimana, con prestazioni inerenti anche l’igiene personale e l’aiuto domestico, integrate con altre 9 ore di servizio infermieristico fornite dall’Asp, per complessive 39 ore settimanali. Per il servizio è stato richiesto di recente alla stessa Villari la compartecipazione al costo (così come da D.A.867/2003), nella misura di 900 euro mensili, considerato che l’Isee, riferito al nucleo familiare è pari a 20.246,86 euro per il 2010. Per i suoi spostamenti, la stessa si avvale del servizio ‘Pollicino’ dell’Amt e ha inoltre percepito nel 2009 un buono socio-sanitario di 1800 euro. La stessa richiesta è stata presentata nel 2010 e a breve verrà erogato il contributo».

La versione integrale di questo articolo è disponibile sul sito: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/

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