Risorse ai disabili, Italia fanalino di coda con i suoi 438 euro pro-capite annui, una cifra molto al di sotto della media dei paesi dell’Unione europea che arriva a 531 euro. Ce lo dice il Censis nella sua interessante ricerca dall’inequivocabile titolo “I bisogni ignorati delle persone con disabilità”, presentata a Roma il 16 ottobre scorso e realizzata in collaborazione con la Fondazione Serono.
Critica anche la sproporzione tra le misure erogate sotto forma di prestazioni economiche e quelle in natura, beni e servizi il cui valore pro-capite annuo non raggiunge i 23 euro, a fronte dei 125 euro della spesa media europea.
Ma la fotografia che emerge oltre all’amarezza nel constatare quanto è peggiorato il livello dell’assistenza nel nostro paese, un tempo avamposto per la tutela dei diritti e per le politiche di welfare, ci dice anche altro. Il terreno politico sui diritti dei disabili è stato abbandonato. Le politiche sociali sono in una fase di pericoloso arretramento e la crisi non fa che peggiorare una situazione già critica nel nostro paese riguardo, per esempio, all’inserimento lavorativo dei cittadini portatori di disabilità. In Italia uno scarso 18per cento dei disabili possiede un’occupazione. Un dato sconcertante se si pensa che altrove in Europa il valore arriva al 40 per cento. Questo rappresenta una tragedia sociale e culturale insieme: la mancanza di lavoro significa mancanza di autonomia, annichilimento dei diritti di cittadinanza, dipendenza dalla famiglia che resta il vero perno su cui ruota la società del nostro paese.
Ci troviamo in una situazione di capolinea. Ora bisogna ripartire. Riconoscere che si sta toccando il fondo per tutto ciò che concerne le politiche di welfare. Per invertire la rotta e avviare in concreto un cambiamento, a partire dall’indennità di accompagnamento ferma a 492 euro mensili, uguali per tutti, e che appare una misura rigida, generica, palesemente inadeguata a fronteggiare bisogni assistenziali complessi e diversificati. Una rigidità che è specchio di una visione retrograda in cui “disabilità” fa rima con peso per le casse statali.
Nei mesi scorsi insieme a Beppe Fioroni e 100 parlamentari del Partito democratico, abbiamo depositato in parlamento una proposta di legge che può veramente cambiare qualcosa. Far partire con l’aiuto delle Regioni i Liveas, previsti dalla legge e mai attuati, concordando con il governo le modalità operative. E prevedere una diversificazione delle indennità su tre livelli. L’ipotesi è di un’indennità di accompagnamento di base pari a 480 euro mensili e, sulla base del bisogno assistenziale, assegni di cura di 900 e 1200 euro. Questo perché si dia finalmente compimento a quanto il legislatore aveva scritto nero su bianco con la legge quadro 328 del 2000.
Si tratta di una proposta che ha visto un ampio consenso a livello parlamentare e che può essere una prima tappa di un lungo percorso. Non deve passare più l’idea della disabilità come peso per la società. L’assistenza per chi è nato o ha acquisito delle disabilità è un diritto civile.
L’Italia su questo non può permettersi passi indietro.
Luciana Pedoto
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