e in appello per il reato di stampa clandestina, assolto con formula piena
Per i notiziari web e per i blog diffusi su internet non c'è alcun obbligo di registrazione al Tribunale come testata giornalistica: ciò è necessario solo se intendono chiedere il finanziamento pubblico previsto dalla legge sull'editoria. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza di assoluzione del giornalista e saggista Carlo Ruta, autore di un blog che era stato condannato per il reato di stampa clandestina. Il punto è chiarito dalla motivazione della sentenza, appena pubblicata.
Nel 2008 e poi nel 2011, in appello, la condanna di Ruta aveva suscitato apprensione e proteste nel mondo del web. La questione è stata ora chiarita in senso generale, perché la sentenza con la quale la III Sezione penale della Corte di Cassazione , il 10 maggio 2012, ha assolto con formula piena «il fatto non sussiste» il saggista Carlo Ruta, farà giurisprudenza.
Questi i punti essenziali. La Corte ha definito il blog «Accadde in Sicilia» un «giornale telematico di informazione civile» e ha aggiunto che esso «non rispecchia le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dall’art. 1 L. 47/1948 (Legge sulla stampa, ndr), in quanto per esserlo dovrebbero esserci i seguenti requisiti: «un’attività di riproduzione tipografica; la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività».
Carlo Ruta ha sottolineato il valore generale della sentenza che, a suo avviso, «susciterà sconcerto negli ambienti che mirano a limitare la libertà sul web, perché è difficile che ne sfuggano le implicazioni e il valore democratico che spero si traducano in una legge».
L’avvocato Giuseppe Arnone, che ha assistito Ruta, ha commentato: «Questa sentenza, motivata con chiarezza ed essenzialità, è un fatto di portata straordinaria. Abbiamo ottenuto un risultato enorme per la libertà d’informazione, che è un cardine della democrazia. Ora siamo più liberi e internet è riconosciuto come strumento fondamentale per un esercizio maturo dei diritti d’informazione e di espressione».
Fonte lastampa.it
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Aggiornamento - Da IlFattoQuotidiano.it ... Per uno strano scherzo del destino, infatti, proprio mentre la Cassazione depositava la Sentenza che avrebbe potuto risolvere, finalmente, la situazione di incertezza creata da un legislatore semplicemente incompetente, il Parlamento è intervenuto nuovamente sulla materia.
Il 16 luglio scorso, infatti, la legge di “Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità, istituzionale” ha previsto che “Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro, non sono soggette agli obblighi stabiliti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, dall’articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, e dall’articolo 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62, e ad esse non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, e successive modificazioni”.
Ordine, contrordine uguale disordine viene da dire.
Secondo la cassazione solo i giornali online i cui editori intendono accedere ai contributi all’editoria sarebbero tenuti alla registrazione della testata mentre, secondo il Parlamento – la nuova disciplina è successiva alla Sentenza del caso Ruta – l’obbligo di registrazione sussisterebbe anche per quei giornali i cui editori, conseguano ricavi annui superiori ai 100 mila euro.
Certo potrebbe sostenersi che anche l’obbligo così ridisegnato dal Parlamento abbia una valenza solo amministrativa e che, pertanto, la sua violazione non costituisca reato ma è elevato il rischio che, per dirlo con certezza, sarà necessario attendere un’altra Sentenza della Cassazione che, magari – come nel caso Ruta – arriverà solo dopo che, un cittadino italiano, sarà stato costretto a passare per le forche caudine di due sentenze di condanna ed ad attendere sei anni, per aver semplicemente detto la sua online.
E’ una festa all’agrodolce nella quale non possiamo che prendere atto che restiamo un Paese poco libero e niente affatto moderno.
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