La protagonista è una ragazza originaria di Reggio Calabria residente da diversi anni a Chieti, città nella quale, dopo essere passata con un dottorato di ricerca all'università di Pescara, si è stabilizzata. Lavora da diversi anni come freelance, precaria tra i precari, svolge il suo lavoro con professionalità e presta pertanto il proprio servizio in una città che, stando alle vicende che racconteremo, ha paura di lei in quanto "reggina". Ada - questo il suo nome - vive con il compagno abruzzese in un appartamento a Chieti. Con i proprietari della casa, da sempre, ha ottimi rapporti: "Siamo quasi coetanei, qualche volta siamo stati loro ospiti a cena e viceversa, ci hanno invitato a vedere la loro casa nuova. Un rapporto, insomma, che non definirei di amicizia ma almeno di simpatia e cordialità".
Ada, con il compagno, sbarca in riva allo Stretto per le vacanze estive. Nel frattempo Chieti viene investita da una forte ondata di maltempo che provoca danni alla casa in affitto. I proprietari chiamano perché hanno necessità di provvedere subito ai lavori di restauro invitando Ada e compagno a cercare un'altra soluzione perché la casa non sarà più agibile per un po' di tempo. Trovare un'altra casa non è facile, il periodo non è dei migliori: appena dopo ferragosto la città è deserta, tutti sono in vacanza e la risposta è sempre la stessa: "Ci risentiamo dopo il 30 agosto". In una delle tante risposte agli annunci di affitto Ada si imbatte in un amico dei due proprietari di cui finora era stata inquilina: anche da parte sua la risposta è la stessa. Ma accade che Ada venga cercata, a pochi giorni di distanza, dalla oramai ex proprietaria di casa: "Quella telefonata mi ha sconvolta - racconta Ada - mi disse che era stata chiamata da uno dei proprietari delle case con cui ero stata in contatto che, ho saputo in quell'occasione, è un suo amico. Lui le disse che per niente al mondo avrebbe affittato casa ad una persona originaria di Reggio Calabria per timore che questa potesse portare il malaffare dentro casa sua".
La discriminazione dunque non colpisce un meridionale qualunque, ma una precisa comunità. "La mia ex proprietaria - continua Ada - mi fece capire che lei e il compagno si erano fatti convincere dall'amico e che anche loro adesso avevano paura di tenermi in casa. Mi disse che, stando all'altissima percentuale di malavitosi nel reggino, era impensabile che io non avessi qualche amico mafioso nel mio giro di amicizie e che loro non potevano avere la certezza che prima o poi i mafiosi sarebbero entrati in casa loro, così come non potevano avere certezza che io non portassi droga in casa. Così dopo anni io e il mio compagno, teatino, siamo stati buttati fuori. Io perché reggina, lui perché accompagnato da una reggina".
Ada citerà in giudizio gli ex proprietari di casa e lo farà attraverso un avvocato di Reggio Calabria: "Voglio che a difendermi sia un professionista della mia città, non uno qualunque". Per questa ragione - e solo per questa - risparmieremo agli amici abruzzesi l'umiliazione di trovare i loro nomi e cognomi sbattuti in mondovisione sul web, preferendo riporre la nostra fiducia nella giustizia e auspicando che i signori di cui sopra paghino pesantemente il gravissimo insulto perpetrato nei confronti di una cittadina onesta, che ha lasciato la sua città come tanti altri cittadini onesti alla ricerca di un futuro più roseo, senza tuttavia dimenticare le sue origini, ma anzi ostentandole con l'orgoglio e la fierezza di chi, con dalla'ndrangheta e dal malaffare, non ha proprio nulla da temere.
Mentre il compagno di Ada è tornato a Chieti come un fuggitivo con il treno dell'ultim'ora per fare l'ultimo disperato tentativo, lei ha deciso di fermarsi: "Voglio raccontare la mia storia, voglio che questa città sappia cosa essa rappresenta al di fuori delle sue stesse mura. Voglio essere d'aiuto alla mia città ma soprattutto voglio che questa sappia che non mi sta tutelando".
E su quest'ultima affermazione, che cade con la stessa violenza di un fulmine a ciel sereno, la rabbia e l'orgoglio devono lasciare spazio all'autocritica. Rifiutandomi di tirare in ballo le solite istituzioni (dal momento che sono proprio queste a far parlare maggiormente della città al di fuori dei confini reggini), volgo direttamente lo sguardo alla mia gente e quello che vedo è una città divisa: da un lato la rassegnazione; dall'altro l'impegno facile, quello da slogan, propagandistico, utile forse a livello comunicativo, ma in fondo fine a se stesso.
Giulia Polito
Fonte cadoinpiedi.itImmagine it.wikipedia.org
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