23 settembre 2012

Oltre lo sguardo

I nostri nuovi vicini hanno un figlio disabile, ma quando parlo con loro non faccio cenno alla sua condizione. Sono discreta o codarda? – Lia
“Sfido chiunque a negare di sentirsi a disagio di fronte a un handicappato”, scrive Massimiliano Verga, papà di un bambino molto malato, in Zigulì. Pensavo che non soffermare lo sguardo fosse la cosa più rispettosa da fare. Ma, secondo lui, chi si volta di scatto non è così diverso da chi fissa suo figlio: le due reazioni esprimono lo stesso malessere. Quello che si deve evitare è ridurre l’identità di un individuo alla sua disabilità.
Non esistono i down o gli autistici, ma solo persone affette da questi disturbi. Cercate di fare amicizia con il bambino, la sua personalità conta più della sua condizione. Ricordo l’intervista a una donna tedesca in sedia a rotelle che aveva scelto di vivere in Italia: “Ma come, signora, un paese pieno di barriere architettoniche, senza infrastrutture per i disabili”. Lei però si trovava bene. “Nell’efficientissima Germania non mi degnano di uno sguardo. Qui sono ricoperta di attenzioni, tutti vogliono sapere cosa mi è successo. Mi sento amata e coccolata”. La condizione di disabilità cambia a seconda di chi la vive.

“È difficilissimo restare noi stessi di fronte a un disabile”, scrive Verga. “L’unico modo per ridurre il disagio è fare in modo che il disabile possa continuare lui a essere se stesso. Ed è forse una regola che andrebbe adottata con chiunque”.

Fonte Internazionale, numero 963, 24 agosto 2012


Claudio Rossi Marcelli - È un giornalista di Internazionale. Ha scritto Hello daddy! Risponde alle domande dei lettori all’indirizzo daddy [at] internazionale.it

1 commento:

Marina ha detto...

ah beh, se lo dice Verga!!!!!! ci sono migliaia di altri genitori che riescono a scoprire prima il positivo del proprio figlio, poi tutte le difficoltà . Non si è ne discreti ne codardi ,semplicemente non riesce a essere spontanea , questo perchè non c'è cultura della disabilità, se ne parla troppo poco e siamo considerati marziani. Nelle facoltà di medicina e chirurgia non vengono affrontate le difficoltà di una persona con disabilità in modo da insegnare a medici e personale sanitario a considerare la persona oltre ai suoi limiti , nelle scuole pur essendo in Italia l'integrazione una parola strausata , non vengono sempre messe in pratica le prassi per insegnare ai bambini "normodotati , che non si è diversi, ma solo persone con diverse necessità, ma ci vorrebbero per questo insegnati all'altezza . insomma io credo che si dovrebbe aprorsi di più all'altro , mettendo da parte l'ipocrisia e il proprio senso errato di rispetto e pudore della persona con disabilità, che rispetto c'è a ignorare una persona? che rispetto c'è a non riconoscere quella persona come tale e basta?