TORINO. A scuola viene vista come una «rivoluzione silenziosa con effetti negativi» la nuova modalità introdotta dal Miur per certificare la disabilità di un alunno e ottenere l’insegnante di sostegno. Questa modalità inserirà i bambini e i ragazzi certificati nella categoria «invalidi» e per ora riguarderà nuove richieste e passaggi da un grado di scuola all’altro.
«Una conseguenza dei furbetti all’italiana», commenta il direttore dell’Ufficio Scolastico Territoriale Alessandro Militerno. «In provincia di Torino sono 6200 gli alunni disabili, non pochi. In altre province e regioni è molto peggio», aggiunge. I docenti di sostegno sono uno ogni due allievi. E costano.
«È un risparmio immediato, certo, ma che ben presto si sentirà con conseguenze tristi», dice Lorenza Patriarca, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Tommaseo e coordinatrice dei dirigenti Uil. «Dirigenti e insegnanti hanno accolto le novità con incredulità. La scuola – prosegue Patriarca – ha sempre parlato di diversa abilità, di certificazione come fase di passaggio verso una vita adeguata alle differenti potenzialità in una visione dinamica del percorso del bambino». Il ragionamento è culturale, ma con riflessi pratici sulla vita dei futuri cittadini. «Un bambino aiutato crescerà meglio. Ma con queste norme, molte famiglie di bambini con difficoltà più leggere rinunceranno alla certificazione per non marchiare il figlio come invalido civile. Così i ritardi leggeri, i problemi relazionali, i disturbi specifici dell’apprendimento, che con il sostegno potrebbero più facilmente essere recuperati, avranno un danno. Anche perché nella scuola non c’è più modo di andare incontro a queste difficoltà: le compresenze nella primaria sono rare, alle medie sono scomparse».
Come cambia il sistema lo spiega il provveditore: «In passato bastava la certificazione dell’Asl, ora è necessaria l’integrazione della commissione con il medico Inps». Il sistema è macchinoso. «La legge prevede un primo passaggio dal medico di base che, se riconosce la necessità, invia per via telematica la richiesta di visita. E qui ci è stato segnalato un primo problema, che abbiamo sottoposto alla Regione: ci sono medici di base – e le norme lo consentono – che chiedono 60 euro».
Arrivato a casa, il genitore deve confermare, inviando un’altra richiesta. «Se non è in grado, e molti non lo sono, dovrà farsi assistere da un patronato. Solo quando ricevere anche la seconda richiesta – dice Militerno – l’Inps fissa la visita. Purtroppo, possono passare mesi». I casi «scolastici» non vengono riuniti, i bambini passano mescolati agli anziani.
«Il rischio è che i tempi non coincidano assolutamente con quelli della programmazione della scuola. Per questo dall’Ufficio Scolastico Regionale e dagli Uffici Territoriali c’è massima attenzione. A Torino abbiamo già fatto incontri con le 5 Asl e anche a livello regionale si cercano soluzioni».
Fonte http://www.oltrelabirinto.it/news.aspx?idC=120
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